La copertina di Corpi di Gloria, il primo romanzo della scrittrice barese Giuliana Altamura.È la storia di due fratelli che in una Puglia accecata dal sole cercano la propria strada nel mondo e si apprestano a varcare la soglia che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. È la storia di Gloria e Andrea, i protagonisti di “Corpi di Gloria”, il primo romanzo della scrittrice barese Giuliana Altamura. Pubblicato da Marsilio a gennaio, il libro è stato premiato quest’estate con il Premio Rapallo Carige Opera Prima 2014 e il suo book trailer è in finale al Trailers FilmFest di Catania.

Come sospesa in un tempo e in uno spazio dove nulla sembra cambiare mai, la vicenda di Gloria e Andrea racconta il viaggio di una generazione alla ricerca di sé stessa e di un equilibrio precario, quello tra la nostalgia dell’infanzia e l’accettazione del cambiamento che l’età adulta comporta.

Come mi sono imbattuta in quest’opera prima? Non è stato esattamente un caso. Conosco Giuliana perché anni fa abbiamo fatto un pezzo di strada insieme all’Università, tra esami di filologia e caffè letterari il mercoledì sera a parlare con colleghi e professori di romanzi e poesie. Poi, ci siamo perse di vista. Fino a quando un giorno non l’ho ritrovata. Questa volta in libreria, con il suo nome su una bella copertina scintillante. La storia di Gloria e Andrea mi ha fatto compagnia durante le vacanze estive. E qui è dove ho chiesto a Giuliana di raccontarmi come e perché quella storia è nata.

Giuliana-AltamuraGiuliana, da dove arriva la storia di Gloria e Andrea?

È nata dopo anni di lontananza dalla mia terra, dalla mia famiglia, e dopo anni di ritorni estivi in un clima sempre identico, quasi paradossale, fatto di giornate assolate così simili l’una all’altra da disperdere il significato stesso del tempo. Avevo il desiderio di raccontare la sospensione del passaggio fra l’adolescenza e l’età adulta con l’immagine di un luogo impossibile, che rimane sempre identico a se stesso – cosa che, per fortuna, nella vita non è concessa.

Il romanzo è ambientato in Puglia, la tua terra, che è evocata nei suoi colori e nelle sensazioni quasi fisiche che è in grado di suscitare. Ma è davvero un luogo geografico o è più un posto dell’anima, una metafora di qualcos’altro?

Il romanzo, in fondo, poteva essere ambientato in qualsiasi altro luogo, nella Brianza così come nella più remota provincia americana. Se ho scelto la Puglia, al di là delle ragioni biografiche, è per via della sua luce, così intensa e spietata, quasi paralizzante. È come se quella luce perennemente estiva immobilizzasse i corpi dei protagonisti e questo rende perfettamente da una parte la metafora dell’adolescenza come tempo sospeso fra l’infanzia e tutto quello che segue, dall’altra uno stato esistenziale che appartiene a tutti noi, a prescindere dall’età, e che dice qualcosa d’importante – a mio parere – sul tempo che stiamo vivendo.

Gloria e Andrea sono fratelli, lei paurosamente attaccata alla realtà nella quale vive, lui ostinatamente proiettato al di fuori di essa. Sono due facce della stessa medaglia?

Sì, Gloria e Andrea rappresentano le due spinte opposte, verso l’interno e verso il fuori. Si potrebbe parlare di una forza generatrice, quella di Andrea perennemente proiettato nel mondo, e di una conservatrice, Gloria e il suo attaccamento a Riva Marina, un luogo fantasma che è più che altro un simulacro dell’infanzia. Il romanzo si gioca tutto sulla ricerca di un equilibrio fra queste due forze.

Tutti i personaggi del romanzo sono colti in un momento di passaggio fondamentale della vita, quello dall’adolescenza all’età adulta. Un passaggio che nella tua storia è segnato da sofferenze, paure, grandi solitudini fino alla violenza estrema. Perché?

Da adolescenti, o post-adolescenti, i miei personaggi sono particolarmente sensibili a certe qualità del tempo che noi tutti abitiamo e soffrono in particolar modo quella sorta di mancanza di senso che avvolge tutte le loro azioni e che s’incarna perfettamente nel clima estivo di una Riva Marina dove “non succede niente” e tutti restano fondamentalmente soli. È questa mancanza di senso a renderli da una parte incapaci di una reale distinzione fra il bene e il male e quindi pronti a vivere con indifferenza emotiva qualsiasi azione, dall’altra incapaci di desiderare, e il desiderio è la spinta necessaria, il motore verso la trasformazione.

Cosa c’è di Giuliana Altamura nella storia di Gloria e Andrea?

Sebbene non si tratti di un romanzo autobiografico, c’è moltissimo di me nei miei personaggi, non potrebbe essere altrimenti. Mi sento particolarmente vicina ad Andrea perché, come lui, sono andata presto via di casa per ragioni di studio e mi è spesso capitato di vivere i ritorni in Puglia con uno stato d’animo simile al suo, combattuta fra il desiderio di ripartire al più presto e un’irriducibile sentimento di nostalgia. Ma ho conosciuto anche buona parte delle paure di Gloria e scrivere della sua fragilità è stato un po’ come prendersi cura della mia.

Corpi di Gloria è il tuo primo romanzo e sta già avendo un buon successo sia di pubblico che di critica. Ma quali sono i libri che hanno segnato la tua esperienza di lettrice prima ancora che di scrittrice?

È difficile isolare singoli titoli o autori nel complesso dei testi che fanno parte della propria formazione. Ho sempre amato moltissimo il simbolismo franco-belga, cui dedico anche la mia ricerca universitaria, e sicuramente autori quali Rimbaud, Maeterlinck o Mallarmé hanno significato moltissimo per me. Sono appassionata di Beckett, Bernhard, Goethe, Camus, ma anche della Nin e della Kristof. Mi fermo qui, ma potrei continuare a lungo.

Stai già lavorando a un nuovo romanzo?

Sì, anche se per il momento si tratta ancora di pagine e pagine di appunti, ma spero di poterne cominciare a parlare presto.