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Category: A tavola

All’Università di Pollenzo, dove si formano i gastronomi del terzo millennio

La professione del terzo millennio? Potrebbe essere quella del gastronomo. Ne sono convinti all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, la cittadella di Slow Food immersa tra i vitigni di Langhe e Roero dove giovani provenienti da tutto il mondo arrivano per studiare biodiversità alimentare, scienza dell’agricoltura, storia della cucina e del vino, geografia, turismo e molto altro ancora. Io mi ci sono imbattuta per caso qualche settimana fa e ho scoperto che in realtà questo polo universitario, ospitato dal meraviglioso complesso sabaudo dell’Agenzia di Pollenzo, ha da poco compiuto dieci anni. Un tempo abbastanza lungo per tirare le prime somme e scoprire che, secondo le rilevazioni dell’Ateneo, dei primi 1000 laureati l’85 per cento ha trovato un posto di lavoro entro sei mesi dalla laurea. Nel 90 per cento dei casi si tratta di un’occupazione coerente alle aspirazioni e al percorso di studi dei ragazzi. Non male, ho pensato, nel periodo di massimo storico di disoccupazione giovanile, ormai saldamente ferma sopra il 40 per cento. “Qui creiamo i gastronomi del terzo millennio. Una figura completa – mi ha raccontato il vicepresidente dell’Università, Silvio Barbero – in grado di analizzare il mondo dell’alimentazione nella sua complessità”.

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Da Bergamo a Lipari, il tributo alle Eolie di Massimo Lentsch

Tenuta-di-Castellaro

Le vigne di Tenuta Castellaro, a Lipari. Di fronte, l’isola di Salina.

Immaginate di arrivare un giorno su un’isola a qualche centinaia di chilometri da casa e di innamorarvene. Immaginate di avere la possibilità (e il coraggio) di acquistare su quell’isola qualche appezzamento di terreno per dare corpo al vostro sogno: produrre vino. C’è chi lo ha fatto. Lui è Massimo Lentsch e l’isola è quella di Lipari, nell’arcipelago eoliano. Bergamasco di origini austriache, 49 anni, una moglie e tre figli, Lentsch ha un’azienda di consulenza specializzata nella ricerca di clienti e creazioni di reti commerciali all’estero per le piccole e medie imprese italiane. Dal 2005, però, è anche il titolare di Tenuta di Castellaro, che alle isole Eolie produce vino, capperi e cucunci biologici e naturali.

Il nome deriva dalla località, a Lipari, dove sono state messe a dimora le prime vigne di Lentsch. Un altipiano a 350 metri di quota che ospita una distesa di viti piantate ad alberello etneo, come vuole la tradizione liparota, e gode di un panorama mozzafiato su Salina, Alicudi e Filicudi. I vitigni sono gli autoctoni siciliani: Nero d’Avola, Carricante, Corinto e, ovviamente, la regina della zona, la Malvasia delle Lipari. In tutto, 11 ettari e 2 nuovi ettari pronti a essere impianti ogni anno.

Tenuta-Castellaro-vignaA Castellaro si trova anche la cantina dalla quale nel 2008 è uscita la prima bottiglia della Tenuta. È stata costruita secondo i principi della sostenibilità ambientale e del trattamento naturale delle uve e dei mosti. Per esempio, viene refrigerata attraverso una torre del vento in grado di incanalare e sfruttare i venti di Nord-Ovest che soffiano sull’altopiano e, solo sporadicamente, in maniera automatizzata. Quest’estate il suo bel patio aperto sui vigneti ha iniziato a ospitare anche manifestazioni ed eventi culturali.

Tutta la produzione è orientata alla valorizzazione delle potenzialità del territorio. La filosofia è “eccellenza nella naturalità e nella tradizione sia sotto l’aspetto agronomico che enologico”, spiega Lentsh, che insieme alla famiglia ha fatto ormai di Lipari la sua seconda casa. “Tenuta di Castellaro – dice – è un tributo alle isole Eolie”. L’ho incontrato durante una visita guidata alle sue vigne ed ecco cosa mi ha raccontato.

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I miei caratteri fuori

Ci siamo. Ecco il primo post di Caratteri fuori. Il mio blog.

Mi chiamo Silvia, ho 30 anni, vivo a Cormano, a Nord di Milano, e di mestiere faccio la giornalista (freelance, per la precisione). Lavoro con diverse testate, cartacee e online. Mi occupo di cronaca, turismo e food. Insomma, scrivere è il mio mestiere. Eppure, un blog non l’ho mai avuto, almeno fino a oggi.

L’idea, in realtà, mi ronzava in testa da un po’. Anche le mie amiche una sera di qualche mese fa mi hanno detto: “Tutti hanno un blog. Tu sei una giornalista, perché non lo fai?”. Già, perché? Passo giornate intere a digitare caratteri al pc, cos’altro avrei dovuto scrivere? La risposta è arrivata da sola, dalla pila di quaderni pieni di appunti di lavoro sparsi in giro per casa (la mia e quella dei miei dove, con buona pace di mia madre, ne ho lasciati parecchi). Resoconti di conferenze stampa, notazioni di colore, risposte a domande fatte ai personaggi più improbabili sugli argomenti più insperati. E poi, le impressioni sui tanti viaggi fatti per lavoro negli ultimi tempi. Molti di quegli appunti sono confluiti in articoli, interviste, lanci di agenzia, reportage, recensioni di libri, schede di approfondimento e sono stati pubblicati da diversi giornali. Molti altri, invece, no.

Ecco, questi sono i miei “caratteri fuori”. Quelli che, per un motivo o per l’altro, non entrano mai in pagina, nemmeno se la pagina è quella senza confini del web. Perché non ci stanno nelle canoniche 1800 battute o perché il giornale di turno mi chiede un taglio diverso per il pezzo. Storie, luoghi, osservazioni a margine, punti di vista, che ogni volta accantono a malincuore. Così è nata l’idea di questo blog, che proverà a raccogliere gli spunti che verranno dal mio lavoro, a partire dagli argomenti che più mi sono congeniali: le vicende del territorio nel quale vivo, il mondo che ho imparato a conoscere viaggiando per piacere e per lavoro, la vita che ruota intorno a uno dei luoghi di aggregazione che più amo, la tavola (perché sono una buona forchetta e le orecchiette fatte in casa della mia nonna mi hanno insegnato che dietro ogni piatto c’è una storia che può essere raccontata).

A chiunque vorrà seguirmi in questa nuova avventura non posso che augurare buona lettura!

Al prossimo post!

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